domenica 10 febbraio 2008

Aggiornamento

Mercoledì prossimo riprenderanno regolarmente gli incontri (come sempre in Aula 10, alle ore 15).
Trovandoci esattamente a metà del percorso, nonché ad un momento di svolta, può forse essere opportuno fare brevemente il punto.
Nei primi quattro appuntamenti abbiamo analizzato i concetti basilari attorno ai quali il pensiero politico occidentale si è sedimentato in quattro distinte fase storiche: Grecia, Roma, Medioevo ed età comunale.
All'originaria centralità ed al predominio del "politico", espressa nelle forme olistiche ed organicistiche del paradigma aristotelico-platonico, si è gradualmente sostituita l'idea di un ordinamento plurale e stratificato nell'organizzazione degli affari umani. A Roma, lo sviluppo di un diritto non politicizzato disciplinante i negozi privati fra soggetti e la dottrina dell'autorità - basata sulla disgiunzione di auctoritas e potestas - testimoniano il primo, compiuto tentativo di ripensare l'agire umano, limitando l'onnipotenza della sfera pubblica.
Ancora più radicale è la frattura, introdotta dal cristianesimo di Paolo e Agostino, fra Regno di Dio e civitas umana. La salvezza dell'anima, prioritaria rispetto al "buon vivere" politico, richiede la soggezione passiva al potere mondano, quand'anche iniquo: potere mondano che, nondimeno, è legittimato dalla Chiesa, mediatrice fra Cielo e Terra. Di qui, la formulazione della dottrina "polemogena" delle due spade, basata su una coesistenza dialettica - mai compiutamente risolta, né da tutti riconosciuta - di spirituale e temporale, nella quale spetta alla burocrazia carismatica del clero la prerogativa di critica permanente del potere politico (dottrina che, nelle formulazioni più radicali, giunge a riconoscere la liceità del tirannicidio). Esattamente l'opposto di quanto avviene ad Oriente, ove, sulla scia di Eusebio e di Giustiniano, la Chiesa Ortodossa assumerà in numerose circostanze la funzione di ancella del potere costituito, riconoscendo all'imperatore una primazia sull'autorità ierocratica (cesaropapismo).
Al contrario, è l'umanesimo politico, coevo alla crisi degli universalismi papale ed imperiale ed indissolubilmente legato al declino della feudalità, a riproporre la centralità del "politico", difendendo l'eredità greco-romana del governo delle leggi - contrapponendola al governo degli uomini - e facendo della virtù civile un parametro alternativo alla nozione tomistica di iustitia. Sarà, successivamente, Machiavelli ad arricchire tale prospettiva, riconoscendo la positività del conflitto politico come motore delle repubbliche (dottrina degli "umori").
Mercoledì prossimo concentreremo la nostra attenzione su tre termini decisivi per poter comprendere l'importanza del contributo hobbesiano (che esamineremo il 20/2): quelli di diritto naturale, di patto e di sovranità.